giovedì 25 novembre 2010

Nuovi Stranieri in Casa

Parlando con il caporedattore de il Sole24Ore, mi raccontava di come la sua carriera fosse stata in qualche modo favorita da un evento tecnologico: l'arrivo in redazione del computer con tutte le sue conseguenze.

Si è creata così una cesura, spesso insanabile tra la vecchia generazione che a malapena aveva accettato la macchina da scrivere elettrica e la nuova generzione che, invece, non aveva nessuna remora a buttarsi a capofitto nelle nuove opportunità che la tecnologia offriva.

Veniva così a mancare, nel giro di pochi anni il terreno per esercitare l'esperienza che i "vecchi" avevano accumulato e si configurava un modo di trovare, confezionare, e pubblicare la notizia del tutto nuovo. Naturalmente gli editori permisero solo a pochi cavalli di razza di conservare le vecchie abitudini (Montanelli e Biagi tra tutti) mentre per tutti gli altri la sceta fu semplice: o ci si adatta o si viene relegati ai trafiletti. Si apre così un vuoto di potere che viene rapidamente colmato dalle generazioni nuove (questo processo è cominciato ormai qualche decennio fa, i "giovani" di cui stiamo parlando stanno omai sulla cinquantina).

Ecco, improvvisamente gli artigiani della lingua si trovano stranieri, incapaci di dialogare con i nuovi flussi di comunicazine e si fanno un poco alla volta muti. Un processo che non è ancora finito. A fine settembre il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli pubblica una lettera aperta alla redazione nella quale afferma: "Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione." in sostanza le nuove tecnologie fanno parte del bagaglio professionale di ogni giornalista e considerarle un fastidio da indennizzare una pretesa assurda. Bisogna adeguarsi dunque, comprendere una lingua nuova e utilizzarla per la propria professione.

Un passaggio non molto diverso da quello che fa uno straniero per adottare una lingua nuova.

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